Controcorrente di Paolo Tittozzi: Il paese delle ferriere – puntata n. 4
Giovanni, che non ha mi visto una montagna in vita sua si trasferisce in una realtà da lui lontana quanto la luna: Calizzano. Questo paese, incastonato al centro della Val Bormida, ha la fortuna di avere nel suo comprensorio fiumi e torrenti molto impetuosi e immensi boschi quindi tutto il necessario per alimentare l’attività delle ferriere. Dunque, senza saperlo, il nostro dottorino, appena specializzato in malattie infettive, è capitato in una importante località nel regno Sabaudo perché la gran parte della produzione della ghisa e dell’acciaio provengono dalle ferriere di quella zona.
Tuttavia il nostro medico condotto, oltre a non avere nessuna idea di come potesse funzionare una ferriera e quali malanni poteva apportare agli operai che vi lavoravano, non si era neanche posto l’idea che, malgrado l’industria del ferro, culturalmente Calizzano continuava ad essere uno sperduto paese montano dove, a fronte di una decina di famiglie molto abbienti, “i padroni delle ferriere”, c’era una popolazione di operai, carbonai, piccoli agricoltori montani che vivevano come potevano. Di conseguenza in questo paese, come in tutti gli altri anche delle valli vicine, la miseria era la malattia più ricorrente e invasiva per gli abitanti ma, per contro, la medicina e l’igiene personale erano gli ultimi dei loro pensieri e per giunta quasi tutti avevano nei confronti del camice bianco un rapporto conflittuale che andava dal sospetto alla paura.
Giovanni comprende subito che fare il medico condotto senza avere alleati locali sarebbe un’impresa impossibile per cui, grazie al suo carattere aperto e intraprendente, conquisterà la fiducia e la collaborazione delle persone più influenti del paese come il sindaco, anch’egli padrone di ferriera, l’arguto parroco don Liborio, lo speziale pasticcione solo in apparenza, e con queste colonne riuscirà a scrollare, sia pure a fatica, quel muro di scetticismo che la popolazione nutriva nei confronti di questo nuovo e giovane medico con “la mania” dell’igiene della persona e dei luoghi di cura. Inoltre sin dal primo giorno di permanenza prende atto con piacere che la sua bisbetica aiutante è un pozzo inesauribile di notizie su tutti gli abitanti del paese e quindi si rivela fondamentale per ogni approccio nel circondario.
Dopo i primi giorni di visita a domicilio, l’ambulatorio era deserto, il nostro medico si rende conto che per la sua persona c’è rispetto ma continua a visitare solo due categorie di pazienti: per la gran parte dei malati è considerato un riferimento ultimo, dove spesso sarebbe molto più utile un prete e solo in una modesta parte dei pazienti la sua presenza è attesa e apprezzata, poi c’è una terza categoria di abitanti, forse la più cospicua, che volutamente lo ignora.
Dopo i primi giorni in cui è troppo occupato ad esplorare il vasto territorio di Calizzano, più volte si domanda perché ancora non gli è stata presentata l’ostetrica e solo dopo la prima settimana viene a sapere che nel paese come pure negli altri centri di questa valle e delle valli vicine le levatrici non esistono, le nascite sono affidate alle “mammane”.
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