Mai più le piogge vagheggiate da Leopardi o D’annunzio?

Articolo 4

Mai più le piogge vagheggiate da Leopardi e d’Annunzio

  

            Negli articoli pubblicati nelle settimane precedenti abbiamo parlato dell’inquinamento atmosferico, dell’effetto dei Gas serra sulla temperatura della Terra, del Riscaldamento globale, dello Scioglimento dei ghiacci e della Desertificazione del pianeta, quindi sembrerebbe la fine del genere umano sia segnata. Abbiamo anche accennato nei precedenti inserti al vapore acqueo atmosferico, presente in quantità tutto sommato molto piccole rispetto all’insieme, dicendo che costui è un gas no gas, è acqua allo stato gassoso, facente parte del ciclo idrologico naturale e quindi l’uomo direttamente non immette vapore nell’atmosfera.

Però abbiamo anche detto che l’inquinamento genera più aria calda che assorbe molta più umidità quindi, tanto più alta sarà la temperatura dell’aria tanto maggiore è la presenza di vapore acqueo nell’atmosfera con susseguente modifica del clima. Oggi abbiamo + 4% di vapore acqueo rispetto a 40 anni fa.

Questo piccolo numero ci dice ci sono milioni di miliardi di tonnellate d’acqua pronti a cadere sulla nostra testa, ma non sappiamo né dove precipiteranno né con quale violenza.              Quindi noi Umani abbiamo il raro piacere di scegliere: arrostire come dei polli o affogare come dei gatti?

     4.1    Il Ciclo dell’acqua

Come già detto il naturale “ciclo dell’acqua” è un ciclo chiuso, quindi nel suo insieme non aumenta ne diminuisce, ma si trasforma più volte dallo stato liquido e/o solido allo stato di vapore in funzione della temperatura ambientale e si muove tra atmosfera, superficie terrestre e sottosuolo e la sua corretta condensazione da origine alla vita.

L’evapotraspirazione  come è facile evincere dalla figura è l’effetto congiunto dell’evaporazione dai mari e dalle acque superficiali e della traspirazione attraverso le piante e il terreno. Pertanto: Più calda è l’aria tanto più alte sono le temperature di acque e suoli;

                 Più calda è l’aria più alta sarà l’evapotraspirazione dei suoli e dei mari;

                 Più calda è l’aria tanto più si sciolgono i ghiacciai montani e polari;

                Più è calda l’aria e più aumenta il livello dei mari per effetto congiunto dovuto all’aumento della massa acquea causata dallo scioglimento dei ghiacciai e

all’aumento della massa acquea dovuto al riscaldamento delle acque stesse.

Quindi è vero che la quantità d’acqua totale sulla Terra rimane costante ma cambia continuamente lo stato di aggregazione e il punto di raccolta. Il volume totale di acqua presente sulla Terra è all’incirca così suddiviso: –  il 96.5% si trova negli mari ; – l’1.75% nelle acque superficiali, nei ghiacciai montani e nei ghiacci polari; –  l’ 1.75% nelle acque sotterranee.

Dunque la nostra riserva di acqua dolce, adatta alla vita, è soltanto il 3.5% del totale di cui la metà, quella sotterranea, dovrebbe essere una riserva strategica da usare solo in casi eccezionali. Purtroppo così non è!      

4.2 –  Il ciclo della pioggia

La pioggia è il fenomeno inverso a quello dell’evapotraspirazione, per cui come convenzione si usa il millimetro quale unità di misura, in modo da rendere le due grandezze comparabili tra loro.

  • Per le precipitazioni un 1 mm d’altezza corrisponde al volume di 10 m³ di pioggia su un 1ettaro di superficie (il volume di 1 l su una superficie di 1 m²)
  • Per l’evapotraspirazione 1 mm di vapore corrisponde alla perdita di 10 m³ di acqua sulla superficie di 1ettaro.

Come si forma la pioggia? L’acqua, per effetto del calore, evapora dalla superficie terrestre e il vapore acqueo formatosi intorno ai 4000-5000 mt. di altezza, raggiunge il 100% di umidità relativa, l’aria si satura e inizia la condensazione del vapore presente in quella zona, attorno alle polveri sottili che costituiscono i nuclei di aggregazione attorno ai quali si generano delle micro-goccioline di pioggia che poi si addensano fondendosi con altre. Si formano le nubi che poi formano le perturbazioni atmosferiche le quali, per l’azione dei venti, arrivano in zone assi lontane rispetto a quelle dove è avvenuta la primitiva condensazione e tornano a ricadere in forma liquida o solida sulla superficie terrestre, ma non nel punto dove era precedentemente evaporata.

L’evento “pioggia” si verifica quando il peso delle gocce, per gravità, diventa superiore alla resistenza dell’atmosfera, quindi piove, ma siccome, per effetto dell’aria calda, le masse liquide sopra la nostra testa sono diventate assai più voluminose rispetto agli anni passati, quando piove non è più la pioggia descritta da Leopardi o D’Annunzio, ma sempre più spesso ci sono queste  cosiddette “bombe d’acqua” producono delle vere catastrofi con tutto quello che vedremo in avanti.

Smettiamo dunque di rallegrarci quando abbiamo un inverno mite come quello degli ultimi anni perché l’inverno mite è messaggero di prossime tragedie.

4.3 – Come si formano le nuvole

Le nuvole si formano quando l’aria calda e umida, riscaldata dal sole, sale e si raffredda. Il vapore acqueo nell’aria si condensa poi attorno a particelle microscopiche (nuclei di condensazione) formando goccioline d’acqua o cristalli di ghiaccio, che vediamo come nuvole. Ecco i passaggi principali:

  1. Raffreddamento: Man mano che l’aria calda sale, si raffredda gradualmente. Il vapore acqueo nell’aria fredda si condensa, cioè torna allo stato liquido.
  2. Condensazione: Il vapore acqueo si condensa attorno a particelle microscopiche presenti nell’aria, come polvere, pollini o sali marini (nuclei di condensazione).
  3. Formazione delle nuvole: Le goccioline d’acqua o i cristalli di ghiaccio, molto piccoli e leggeri, rimangono sospesi nell’aria, formando le nuvole. Le nubi possono essere di diversi tipi a seconda della loro altezza, forma e temperatura. Alcune sono create da moti convettivi (ascendenti e discendenti dell’aria), come i cumuli e i cumulonembi, che possono portare a temporali. Altre, come le nubi lenticolari, si formano in condizioni di vento ondulante sopra le montagne.

4.4 –   Penetrazione delle piogge in falda sotterranea

Le acque sotterranee o di falda sono quelle situate sotto la superficie del terreno.  Molti ricercatori, tra cui il sottoscritto che negli anni ’70/80 fece diversi studi e pubblicazioni scientifiche sull’argomento, dicono che la quantità di pioggia assorbibile dal terreno è variabilissima e dipende da molti coefficienti, di cui i più importanti sono:

La costituzione dei terreni La pendenza del terreno; L’intensità, la durata e distribuzione delle precipitazioni durante l’anno.

Quest’’immagine può essere esplicativa: Poniamo che siano = 100 mm l’acqua che piovono su una determinata superficie in un anno, è evidente che una parte di questa, per effetto del ruscellamento, scivolerà sul terreno raggiungerà gli invasi o i fiumi e, con dei tempi di più o meno lunghi, raggiungerà di nuovo il mare, e questa rappresenta il 46% dell’acqua precipitata. Un’altra parte di pioggia, più fortunata, troverà una copertura vegetale per cui contribuirà con l’evapotraspirazione delle piante e delle foreste alla vita e questa sottrarrà un altro 42% dell’acqua precipitata. Infine resterà un misero 12% che definitivamente scenderà nel sottosuolo (terreni alluvionali sabbiosi o carsici) piuttosto lentamente, imbevendo completamente la zona di saturazione per mettersi quindi, lentissimamente, in maniera più o meno orizzontale; quindi non immaginiamo le falde acquifere come dei laghi sotterranei, ma piuttosto come delle spugne che si imbibiscono lentamente di acqua.

La natura ha bisogno di tempi lunghi.

Il tempo intercorrente tra l’inizio della pioggia e il momento in cui una parte di questa giunge nel sottosuolo viene definito: “tempo di corrivazione”. Più ridotto sarà il tempo di corrivazione, più micidiali saranno le ondate di piena e i danni sul territorio.

Dunque le acque sotterranee costituiscono delle risorse naturali preziose per l’uomo, che oggi sono messe continuamente in pericolo perché i loro attingimenti non sono più in linea con la capacità di ricarica della falda stessa. È come se noi prendessimo dal nostro conto corrente più soldi di quanti ne riusciamo a depositare: prima o poi andremo in Rosso e non è il meglio che ci possa capitare.

4.5    Impatto ambientale: Le piogge acide

Se io ora vi dicessi: «Dal cielo cadranno gocce piene di acido, alberi antichi di secoli diventarono scheletri neri, moriranno i pesci nei laghi e nei fiumi, cadranno i ponti che avete costruito e le statue millenarie si sfaldarono come fossero di gesso». Così come l’ho detta sembra che vi abbia lanciato una maledizione biblica e invece vi ho raccontato ciò che sta accadendo da oltre sessant’anni al patrimonio vegetale, animale, strutturale e artistico a causa del devastante fenomeno delle piogge acide di cui forse pochi di voi hanno sentito parlare.

Le piogge acide sono una forma di inquinamento che riguarda tutto il mondo, ma l’Italia per la sua formazione geo-morfologica risulta più vulnerabile. Le fonti all’origine di questo fenomeno sono le stesse che producono l’effetto Serra, le quali immettono nell’aria fumi carichi di ossidi di azoto e di zolfo.

Il pH, ovvero la scala che misura l’acidità delle soluzioni acquose, ci dice che la pioggia, come l’acqua distillata, nasce ha un pH neutro (7.0) ma poi, sciogliendo parte della CO2 presente nell’aria, arriva sul terra leggermente acidula con un pH ~6.0, come le acque minerali.

Almeno dagli anni settanta del secolo scorso, gli ossidi d’azoto (NOx) e di zolfo (SOx) presenti in atmosfera a causa dell’inquinamento, in contatto con il vapore acqueo si idrolizzano (lasciando perdere le formule chimiche) formando rispettivamente acido nitrico e acido solforico, quindi ricadono al suolo come piogge acide con un pH acido compreso tra 2 e 5. Per intenderci l’aceto che noi usiamo in cucina ha un pH ~3, e se sapessimo che molto spesso sulle nostre teste piove aceto non saremmo contentissimi. Bene, vi posso assicurare che da almeno sessant’anni la pioggia che cade in molte zone del pianeta tra cui l’Italia spesso è come se fosse aceto. Inoltre i venti le trasportano le nubi, per cui si registrano precipitazioni acide anche in territori apparentemente non contaminati per cui i loro effetti producono:

  • danni alla salute soprattutto a carico dell’apparato respiratorio;
  • danni alle strutture in cemento armato, ai palazzi e ai monumenti;
  • danni alla vegetazione;
  • danni al patrimonio ittico dei laghi e dei fiumi.

4.6   Impatto ambientale: I fenomeni atmosferici estremi

I fenomeni atmosferici estremi  dovrebbero essere eventi meteorologici rari come forti piogge, tempeste, o grandinate intense, che superano le normali variazioni stagionali. Questi fenomeni oggi invece sono spesso legati ai cambiamenti climatici e hanno impatti sempre più  significativi su persone, ambienti ed economie.

Ricordiamoci sempre che oggi l’atmosfera ha + 4% di vapore acqueo rispetto di 40 anni fa.

Sin troppo spesso i media, per descrivere  questi intensi fenomeni piovosi amano parlare di “bombe d’Acqua”. Ammettendo pure che per la comunicazione sia un termine molto evocativo, ma dal punto di vista scientifico queste bombe non esistono. Le gigantesche masse d’acqua che influiscono sulla frequenza e sull’intensità delle piogge generano almeno 6 tipi di eventi meteorologici con caratteristiche e modalità assai diverse: Temporale – nubifragio – uragano – tornado – ciclone – tifone.

4.6.1 – Temporale: Un temporale è un fenomeno meteorologico complesso e potenzialmente pericoloso, ma anche affascinante, che coinvolge una combinazione di umidità, instabilità atmosferica e fenomeni elettrici caratterizzato da forti rovesci di pioggia, fulmini, tuoni e, spesso, raffiche di vento e grandine. Si tratta di una perturbazione atmosferica di breve durata e a carattere locale, causata dal movimento verticale di masse d’aria instabili. In dettaglio, un temporale si forma quando:

C’è molta umidità: L’umidità è necessaria negli strati bassi dell’atmosfera, perché permette la formazione di nubi cumuliformi (cumulonembi).

L’aria è molto instabile: L’aria calda e umida tende a salire rapidamente verso l’alto, creando correnti ascensionali che portano alla formazione di nubi temporalesche.

Si verificano fenomeni elettrici: All’interno dei cumulonembi, le particelle di acqua e ghiaccio si scontrano, generando elettricità statica che si manifesta con fulmini e tuoni.

Si verificano precipitazioni intense: La condensazione del vapore acqueo provoca forti rovesci di pioggia, che possono essere accompagnati da grandine e raffiche di vento.

4.6.2Nubifragio: da almeno trent’anni sono diventati particolarmente abituali alle nostre latitudini. Sono delle perturbazioni atmosferiche durante le quali in poche ore precipita tantissima pioggia (30-50 mm d’acqua all’ora), con un’intensità e una violenza tale da arrecare danni a cose e persone. Il terreno non è più in grado di assorbire tale massa d’acqua, i fiumi s’ingrossano rapidamente, esondano, cioè escono dai loro argini, e il nubifragio genera l’alluvione ovvero l’allagamento di luoghi o terreni posti allo stesso livello del fiume o addirittura più in basso del fiume stesso.

Tuttavia, sebbene i termini “nubifragio e l’alluvione” siano termini corretti sono comunque generici, perché esistono definizioni più precise che fotografano meglio queste situazioni Nel caso di nubifragio si dovrebbe parlare di temporali di calore o temporali autorigeneranti. Tralasciando la definizione scientifica, in pratica si ha il nubifragio quando un normale temporale non perde forza o intensità per molto tempo perché si “auto-rigenera” traendo nuova energia dal contrasto tra una massa d’aria calda e umida e una massa d’aria più fredda, solitamente collocata a più alta quota. Questo scontro titanico di masse d’aria viene dunque “risucchiato” dalla perturbazione, che va ad innescare un ciclo termico per cui, il vapore acqueo presente nelle nubi torna in alto, si raffredda molto velocemente, produce nuove masse l’acqua che poi vengono ancora precipitate a terra. I temporali autorigeneranti di solito sono più frequenti nelle zone non lontano dalle coste perché il mare agisce come una specie di “serbatoio” di aria umida e calda per alimentare di continuo il nubifragio. Nei casi peggiori poi, l’assenza di venti non sposta la perturbazione e dunque tutta la forza del nubifragio si scatena per ore sulla stessa zona provocando vere e proprie catastrofi. Tutti abbiamo ancora davanti agli occhi incremento progressivo di tali fenomeni in Emilia Romagna, in Toscana e nelle Marche, nelle zone con alta densità abitativa.

Negli ultimi anni stiamo assistendo nel nostro mare anche alla presenza di un nuovo tipo di perturbazione: gli Medicane. Parola composta da «mediterranean» e «hurricane», per indicare i cicloni che si stanno sviluppando nel Mar Mediterraneo.

4.6.3 – Uragano, Tornado, Ciclone e Tifone: Quando si parla di eventi meteorologici di questo tipo, spesso nasce confusione.

Sapevate che la differenza principale tra uragano, tornado, ciclone e tifone sta soltanto nella loro localizzazione geografica?

Infatti i tre termini, infatti sono tutti utilizzati per descrivere i cicloni tropicali, il nome varia a seconda di dove si formano.

  • Uragano: quando si sviluppa nell’Atlantico settentrionale, spesso colpendo le coste americane, nel pacifico centro-settentrionale e Nord-orientale.
  • Tifone: quando si forma nel Pacifico nord-occidentale, che bagna Cina e Giappone e i Paesi del Sud-Est asiatico.
  • Ciclone: è il termine tradizionalmente usato per il fenomeno nell’Oceano Indiano e nel Pacifico meridionale.

Cos’è e com’è fatto un ciclone: Il termine ciclone si riferisce a una grande area di bassa pressione in cui l’aria si muove in senso rotatorio attorno a un centro. L’occhio del ciclone si trova al centro della formazione meteorologica. È un’area relativamente calma con un diametro massimo di 30 chilometri. Tutt’intorno a esso, con un diametro in media di 500 chilometri si può sviluppare la tempesta vera e propria, con correnti calde che si sollevano dal mare e si trasformano in violente precipitazioni quando incontrano l’aria fredda in quota. I cicloni possono essere particolarmente violenti, con fulmini e venti la cui velocità supera i 250 chilometri all’ora. Quando la tempesta si sposta dal mare alla terraferma, la sua energia si esaurisce, ma spesso non prima di aver portato devastazione nelle città costiere.

4.6.4 – Differenza tra ciclone e tornado (tromba d’aria o tromba d’acqua).

Il termine tornado indica un vortice d’aria di dimensioni e percorsi molto più ridotti rispetto al ciclone ma con venti estremamente potenti che possono superare i 300 chilometri all’ora. I tornado si formano generalmente durante temporali violenti e in aree di bassissima pressione. Mentre un uragano o un ciclone tropicale può durare per giorni e percorrere lunghe distanze, un tornado (tromba d’aria o tromba d’acqua) è solitamente di breve durata e colpisce un’area limitata, spostandosi soltanto per qualche chilometro. Non è raro che un ciclone sia foriero al suo interno della formazione di uno o più tornado.

Nel prossimo articolo cercherò di esaminare più da vicino l’impatto ambientale della nostra amata ma fragile ITALIA.

      Ad maiora semper 

 

 

 

 

 

 

 

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