LA NOSTRA BELLA ITALIA: GIOVANE E FRAGILE

 LA NOSTRA ITALIA: TERRITORIO FRAGILE

5.0   Il dissesto idrogeologico

         L’Italia è geologicamente una nazione giovane e fragile.

            Il nostro territorio per la sua conformazione geologica è predisposto a terremoti, frane e alluvioni ed è proprio per questo motivo che dovrebbe essere più attentamente monitorato, mentre i nostri amministratori locali, invece di essere vigili, permettono l’abusivismo selvaggio edificato su territori impossibili, il disboscamento, facendo vivere tanti nostri concittadini in zone dove gravi eventi di dissesto idrogeologico sono più che probabili e che quando arriveranno comporteranno di sicuro episodi catastrofici.

5.1 – ITALIA: Territorio fragile

 Oggi, grazie all’analisi computerizzata delle previsioni atmosferiche, è possibile prevedere l’arrivo di un evento catastrofico e organizzare in tempo la messa in sicurezza della zona, ma se abbiamo un territorio compromesso tutto questo non sarà servito a nulla. Per contrastare veramente gli eventi catastrofici bisogna costruire un’Italia più sicura fermando l’abbandono dei comuni montani, gli incendi boschivi, l’estrazione selvaggia di acqua dalle falde, l’apertura di nuove cave, il prelievo di sabbie dai fiumi, facendo manutenzione dei fiumi e torrenti.

Prevenire costa meno che curare.

Per mettere finalmente in pratica questo vecchio proverbio in questi ultimi anni con i soldi dell’Europa, sono stati progettati numerosi interventi, se le varie guerre che ci circondano ce lo consentiranno. Il  PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) di cui si parla tutti i giorni, anche se pochi sanno cosa significhi Resilienza (proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi) è in pratica un pacco di soldi dati dall’Europa, 195 miliardi di euro di cui 72 miliardi a fondo perduto, per attuare la “Rivoluzione verde e la Transizione ecologica” e finalmente gestire la ‘Tutela del territorio”.  Questo piano, se ben gestito, potrebbe servire per realizzare tutti gli interventi strutturali nelle aree a rischio e mettere in sicurezza il nostro belpaese facendo quello che i nostri malgoverni locali in sessant’anni non hanno fatto.

5.2 –  Bacino idrografico e Area fluviale 

Spesso sentiamo parlare di bacino idrografico ma pochi sanno che questo è un’area geografica e geologica la cui natura è unica e irripetibile. Nel bacino idrografico, solitamente delimitato da uno spartiacque topografico, non avviene solo la raccolta delle acque di pioggia che poi scorrono sulla superficie del suolo nell’alveo dei torrenti ossia in fosse di terreno o di roccia sino a confluire verso un fiume, un lago e poi verso il mare. Ma all’interno di quest’area si generano tutta una serie di scambi con l’atmosfera e con il sottosuolo in rapporto alle caratteristiche uniche e specifiche del bacino stesso. Il torrente poi sfocerà in una valle più larga porta con sé i propri depositi alluvionali, tuttavia quando i torrenti sfociano nell’area fluviale di un fiume, lo stesso è in grado di caricarsi dei loro detriti.

In Italia, data la sua conformazione geografica, ci sono tante formazioni montuose molto scoscese a ridosso delle coste che terminano con dei brevi fondovalle molto belli dal punto di vista paesaggistico, ma purtroppo ci si dimentica che questi nostri gioielli sono spesso delle aree fluviali oggetto di cementificazioni selvagge, per cui la presenza di torrenti molto tumultuosi produce frequenti, quanto prevedibili e previste, catastrofiche alluvioni (Liguria – Toscana – Campania – Calabria).

Fare tutela del territorio non solo è fattibile, ma è possibile anche a costi contenuti: basterebbe far rispettare con rigore le leggi già esistenti.

  • Basterebbe non edificare nelle aree di esondazione dei fiumi. Su queste aree le leggi dicono che non si dovrebbe edificare, ma di fatto esistono interi quartieri costruiti in queste aree (Es. Roma Primaporta-Labaro ecc.).
  • Basterebbe provvedere alla pulizia dei greti dei fiumi. Fino a pochi decenni fa la legna che finiva nei greti dei fiumi veniva recuperata per il riscaldamento domestico dalla gente del posto e sul terreno non rimaneva nulla, perché anche i rami più insignificanti venivano usati per i forni del pane. Ora tutto ciò è stato sostituito dal nulla perché, escluso dov’è comodo arrivare con un trattore che provvede a caricare su un camion, tutto ciò che non è facilmente raggiungibile si lascia sul posto, cosicché al primo temporale tutto finisce nei fiumi e al primo ostacolo si formano poi delle dighe naturali che fanno esondare le acque, per cui ad ogni temporale serio ci scappa il morto e va anche bene se è un soltanto.
5.3    Disastri idrogeologici: frane e alluvioni

 Sette milioni di italiani abitano in zone a rischio

Tutti noi abbiamo visto che negli ultimi anni in Italia, e non solo, c’è stato un incremento progressivo dei fenomeni atmosferici estremi, ma in particolare questi si sono verificati nelle zone con alta densità abitativa. Intervenire per la prevenzione è l’unico percorso capace di ridurre il rischio di altre vittime e altri danni. In Italia esiste un efficiente servizio di Protezione Civile, ma come vediamo le cronache giornaliere ci dicono, troppo spesso non vengono messe in atto le contromisure consigliate.

 

          Tornando ai rapporti dell’l’IRPI, il nostro grillo parlante, questo ci dice che in Italia negli ultimi cinquant’anni, dal 1970 al 2020, a conseguenza dell’intensità delle piogge, si sono verificati 600.000 eventi franosi e alluvionali e di questi circa 75.000 eventi (12%) hanno fatto registrare danni a persone o cose. Sempre nello stesso periodo le frane e le inondazioni (esclusi i terremoti) hanno causato 3994 morti (~ 80 morti/ anno) e oltre 2680 feriti per un totale di 6774 persone coinvolte fisicamente in 2034 comuni ovvero nel 25% dei comuni italiani.

 

 

          Tornando ai numeri del dissesto idrogeologico, oggi sono diventati 7.145 i comuni a rischio frane e/o alluvioni. Sette sono le regioni con il 100% dei comuni a rischio idrogeologico: Valle D’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata. A queste aggiungiamo Calabria, Abruzzo, Piemonte, Sicilia e Campania con il 90% dei comuni a rischio idrogeologico. Dunque il 15,8% del territorio nazionale, una superficie complessiva di 47.747 km2 possiede alti livelli elevati di pericolosità idraulica.

Questi dati, che rappresentano un bollettino di guerra, ci dicono solo una cosa:  Quanto poco ha fatto l’Italia per mettere in sicurezza il proprio territorio.

5.4 – La cementificazione selvaggia

    Per cementificazione selvaggia si intende “Speculazione edilizia”.

La media europea di consumo del territorio oggi si attesta al 2,3%.

 Il nostro Bel Paese, già nel 1956, aveva un consumo del territorio del +2,8% del territorio: + 05% al di sopra della media europea.

Nel 1956, l’Italia aveva una popolazione di circa 48.800.000 abitanti mentre nel 2024 la popolazione residente in Italia è pari a circa 59.000.000 unità, ovvero ha avuto un incremento demografico di circa il +12% (10,7 milioni di persone rispetto al 1956)

Nel 2021, dopo 65 anni, la cementificazione selvaggia in Italia ormai non conosce più limiti e detiene il triste primato in Europa, arrivando a consumare 21mila km² di territorio, con un consumo pari al 7,0% della superficie totale contro il 2.3% di media europea.

  • Ogni 10 minuti l’equivalente di un campo di calcio viene coperto da cemento e/o asfalto, da abitazioni o da centri commerciali e industriali e strade;
  • Ogni giorno cementifichiamo 55 ettari di suolo;
  • Ogni 5 mesi viene cementificata un’area pari alla città di Napoli.

Ora, se la popolazione italica in questi sessantacinque anni è aumentata solo del 12% come mai nello stesso periodo il consumo di territorio è aumentato del +245%?

Come mai gli assessorati all’edilizia e alle opere pubbliche negli enti locali sono i più ambiti?

Questi numeri di certo avranno più padri, ma una sola madre degenere: il malgoverno comunale e regionale.

Se l’industria del cemento mondiale fosse una nazione, questa sarebbe il terzo grande inquinatore di CO2 dopo Cina e Stati Uniti. Quindi il Cemento, ovvero le costruzioni, se è vero che sono un motore di sviluppo per l’economia, è altrettanto vero che sono un fattore critico per l’enorme impatto ambientale sulla tenuta climatica del Pianeta.

5.5 –  Danni ai manufatti in cemento armato e agli edifici

Abbiamo parlato la settimana scorsa di piogge acide, ebbene L’acido solforico presente nella pioggia acida corrode i materiali, inclusi cemento e metalli, e porta allo sgretolamento e rottura delle strutture trasformando la malta cementizia in gesso che risulta poi molto friabile e solubile alle successive piogge inoltre, venendo a mancare la malta, corrode l’acciaio del cemento provocando ruggine e indebolimento e quindi seri danni alla struttura, spesso irreparabili. (Tutti ricordiamo i morti del ponte Morandi!).

 

5.6 –  Danni al patrimonio artistico

L’Istituto superiore per il restauro ci dice che in Italia i danni al patrimonio artistico sono davvero tanti: 42.000 monumenti sono a rischio per l’azione corrosiva delle piogge acide. La situazione è particolarmente critica a Roma, con 3.660 monumenti danneggiati, e a Firenze, con altri 1.150.

 

Le piogge acide causano danni significativi al patrimonio artistico, sia attraverso azioni corrosive che meccaniche. Questo fenomeno può deteriorare materiali come pietra, marmo, corrodere il bronzo e altri metalli, portare alla perdita di dettagli di sculture e decorazioni, fessurare e deteriorare le superfici degli edifici e delle strutture storiche.

Serve dunque una vera cultura dell’ambiente per salvare quel patrimonio di ricchezze di arte e architettura che il mondo ci invidia.

         Ad maiora semper 

 

 

 

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