I GIOVANI, LA SCUOLA, LA VIOLENZA.
La violenza a scuola: specchio della società o resa educativa?

I giovani, la scuola e la violenza sono temi strettamente correlati. La violenza giovanile può manifestarsi in diverse forme nell’età adolescenziale e la scuola dovrebbe essere il luogo privilegiato, sicuro e protetto dove prevenirla e contrastarla, sia all’interno che all’esterno del contesto scolastico. La scuola dovrebbe essere il luogo dove i giovani si sentano liberi di esprimersi, di apprendere e di crescere senza il timore di subire atti intimidatori o di discriminazioni di qualsiasi genere.
Le mancanze non sono mai uniche né isolate, ma tra tutte, una delle più gravi è stata la continua sottovalutazione dell’educazione. Non si tratta di nostalgie autoritarie, come qualche imbecille potrebbe pensare, ma la consapevolezza che l’educazione rappresenta l’unico strumento su cui si può realmente intervenire per conferire dignità al giovane, al di là delle sue capacità intellettive e questa deve sempre prevalere sulla competizione sfrenata. Però, come ho già scritto in un precedente articolo, oggi la scuola italiana, per motivi ragionieristici, ha deciso che l’educazione non debba essere più prevista tra i propri compiti. Allora, in sua assenza, chi dovrebbe intervenire?
Dove si è nascosto quell’esercito di docenti che sui “media” si dichiarano alfieri nel comprendere le emozioni e i bisogni dei giovani ma poi, nei fatti, si limitano a svolgere i loro “programmi ministeriali” senza nessuna empatia e solidarietà con i propri studenti?
Non dimentichiamo che l’educazione non si fa con i proclami, è frutto di un lavoro lungo e impegnativo che si apprende prima di tutto in famiglia e deve coinvolgere tutti, a prescindere dall’età, dalla condizione sociale o dal livello di istruzione e poi la scuola, ammesso e concesso che ce ne siano alcune che facciano ancora qualcosa in questa direzione, dovrebbe prendere il testimone e collaborare con la famiglia e le realtà sociali per fare fronte comune contro la violenza. Dunque non la nostalgia di un rigore d’altri tempi, ma la consapevolezza che senza regole e riferimenti chiari i giovani si perdono. Forse, più che cercare colpevoli o soluzioni lampo, dovremmo tornare a fare il lavoro più difficile: educare con coerenza. Perché, alla fine, il rispetto non si impone con la paura, ma si costruisce con l’esempio.
Punire ed educare possono essere considerati sinonimi, a patto che vengano applicati con equilibrio e intelligenza. Le punizioni devono essere chiare, logiche e proporzionate, basate su principi educativi condivisi, preferibilmente da entrambi i genitori. È importante evitare conflitti sul metodo educativo, poiché questi rischiano di trasmettere messaggi contraddittori ai figli.
Giovani e violenza: fenomeno nuovo o disagio antico?
La violenza giovanile è sempre esistita e da sempre le cause oscillano tra due bisogni fondamentali dell’adolescenza: il desiderio di autonomia e la loro necessità di protezione. Tuttavia, ciò che sta accadendo negli ultimi decenni con l’introduzione della violenza nei giochi per bambini è, a mio avviso, un fenomeno estremamente pericoloso. Anche in passato, nei giochi si trovavano elementi di violenza, ma questi erano spesso legati a esperienze reali, oggi invece, i giochi propongono una violenza irrazionale, fine a sé stessa, che non offre alcun valore educativo. L’educazione dei bambini si costruisce su esempi positivi, non su modelli distruttivi e, andando verso l’adolescenza, la violenza tra i giovani assume diverse forme, dal bullismo alle aggressioni, dalla violenza di genere agli abusi sessuali.

In Italia il 47,7% degli adolescenti ha subito bullismo o cyberbullismo e il pretesto principale per il quale questi giovani vengono attaccati è l’aspetto fisico.
È davvero tutta colpa dei social, dei videogiochi o di una generazione più fragile? Oppure stiamo raccogliendo i frutti di un nostro lungo disinteresse nei confronti del problema?
L’onestà intellettuale nei confronti dei miei pazienti lettori mi impone di andare oltre le convenzioni perché, anche se nessuno vuole ammetterlo, non ci vuole un genio per capire che la violenza giovanile non è più solo un’emergenza scolastica: è il sintomo di un fallimento collettivo. In aula si scontrano non solo studenti e insegnanti, ma due visioni opposte del mondo: una, minoritaria, che crede ancora nell’educazione e nei valori e l’altra, maggioritaria, che ormai si è arresa al caos.
Bisogna abbandonare ipocrisie ormai insostenibili: non si può parlare di interesse per le nuove generazioni senza prevedere seri programmi di contrasto alle tossicodipendenze e al mercato illegale che le alimenta. Il diritto a garantire un futuro ai nostri figli passano necessariamente attraverso la lotta al “mercato della morte”. La violenza delle nuove generazioni è strettamente connessa all’uso indiscriminato di droghe, assumendo così una fisionomia pericolosa e inedita.

A questo aggiungiamo che l’uso della pornografia tra i giovanissimi è in crescita verticale. Internet ci offre un supermercato del sesso senza limiti con accessibilità, anonimato, gratuità, il tutto facilitato dall’assenza di educazione sentimentale.

Senza il coinvolgimento affettivo nella vita vera, senza una crescita sentimentale da condividere tra coetanei di cui sentirsi innamorati, con cui esplorare emozioni, tenerezza, scoperte sensuali, sogni e desideri è facile capire quanto i rischi di abusi sessuali siano facilitati dalla pornografia che ci fa vedere la donna solo come un oggetto sessuale a disposizione del desiderio e della volontà dell’uomo.

Siccome questa sessualità malata viene vissuta dai giovani come qualcosa a rapido rischio di assuefazione, ecco la ricerca di stimoli erotici sempre più potenti e dunque il ricorso ad eccitanti come cocaina o anfetamine (“il sesso chimico”) per amplificare a livello cerebrale la sensazione erotica e poi alcol o marijuana per aumentare la disinibizione femminile.
Mi inquieta pensare al silenzio delle famiglie, della scuola e del mondo sanitario sul fatto che la pornografia stia diventando il primo “educatore sessuale” di bambini e adolescenti. Tutto il resto sono solo parole al vento.
“Ad maiora semper”





